Io, infiltrato nella claque di B.
di Massimiliano Mesenasco
Uno studente di sociologia si mescola al ‘popolo del premier’ di fronte al Palazzo di Giustizia di Milano. Scoprendo i meccanismi di una messinscena che non ha niente di spontaneo. Con tanto di “premi” e “incentivi” che vengono elargiti ad anziani e disoccupati per stare lì e poi spostarsi ai comizi della Moratti.
Sono uno studente di 24 anni della facoltà di Sociologia all’Università Bicocca di Milano. Non sono iscritto a partiti politici e fino alla fusione di Alleanza nazionale con il Pdl votavo per Fini.
Come aspirante sociologo, all’università dovevo presentare un lavoro di ricerca con metodo etnografico (una metodologia di ricerca sociale che prevede l’osservazione partecipante e permette di comprendere le dinamiche di gruppo). Ho scelto di studiare la gente che presidiava il gazebo a favore del presidente Silvio Berlusconi, al di fuori del Palazzo di giustizia di Milano. Questo è un riassunto di quello che ho visto e sentito.
I primi approcci
Il mio studio inizia il 9 febbraio, il giorno in cui la procura di Milano inoltra al gip la richiesta di giudizio immediato per i due reati contestati nel cosiddetto “Rubygate”, concussione e prostituzione minorile. E’ da quel mercoledì che s’intensifica infatti la mobilitazione pro-Berlusconi attraverso il gazebo al di fuori del Palazzo di Giustizia di Milano.
Il gazebo in questione è una struttura bianca, che ogni mattina – fino almeno lunedì scorso – viene montata poco prima delle 9, dopo l’arrivo di due furgoncini che portano il necessario.
Le persone che popolano il gazebo attaccano alle 9 di mattina e alle 13, puntualissime, se ne vanno: dal lunedì al venerdì, week-end escluso.
Dai furgoncini arriva molto materiale: scatoloni pieni di volantini (diverse migliaia), striscioni, palloncini, bandiere, tutte cose che vengono distribuite in abbondanza.
In generale, attorno ai gazebo niente sembra accadere per caso. Ci sono sempre alcune persone, generalmente un po’ in disparte, che ogni tanto parlano ai gruppetti e danno ordini di scuderia, del tipo: “Oggi non rilasciate interviste”, come nel giorno della prima udienza del processo Mediatrade.
A parte i giorni in cui Berlusconi presenzia ai processi, il numero di persone del gazebo non supera mai la ventina, con una proporzione paritaria tra uomini e donne. L’età media è alta, gran parte over 55.
Parlando con quasi tutti ho verificato la loro istruzione (in generale medio-bassa) e la loro condizione sociale: si tratta per lo più di pensionati e disoccupati.
La maggior parte si muove in gruppetti, pochi sono i cani sciolti. Ci sono poi due signore (una sui 50 anni e una sui 25) che passano con una cartellina prendendo nomi e indirizzi di alcuni presenti (non ho capito bene a che scopo, comunque sembra un appello).
L’impressione è che ci siano due livelli di supporter: quelli più importanti, di rango, a capi dei gruppetti, e i semplici manifestanti. Curioso il caso di alcuni uomini, tra i 45 e i 60 anni, che si riuniscono sempre attorno al semaforo attiguo al gazebo. Rappresentano quasi un terzo della forza manifestante e a quanto ho compreso sono tutti colleghi di lavoro. Parlare con loro però è impossibile, perché non vogliono rispondere e temono che ci siano giornalisti pronti a registrarli.