00 23/05/2011 10:28
Pone il quesito con rabbia Rosaria perché si danna ancora di quella invocazione rivolta fra le lacrime a Fiumicino, ricostruendo l'incontro: «Io ero in partenza per Palermo con Manù, il mio Emanuele. Mi accorgo che seduto a un tavolo dell'angolo Mc Donald c'è una bella famigliola. Lei alta e bella, un bimbo vispo e lui, il mezzo pentito, osservato a breve distanza da due agenti. Il cuore sussulta. Io e Ciancimino a un passo. Lo scruto. Non ha uno sguardo rassicurante. Ma un'idea si insinua. Tutti lo decantano. Forse debbo anch'io spingerlo a dire la verità. Trovo un post-it e scrivo in fretta poche parole: "La vita è strana, ci riserva delle sorprese, io moglie di un poliziotto ammazzato a Capaci, lei figlio di un mafioso...". E lo lascio scivolare sul suo tavolo allontanandomi a passo veloce, rimproverata da Manù che non era riuscito a dissuadermi e inseguita da uno dei due poliziotti. "Ciancimino le vuole parlare". Mi fermo. Si, volevo parlargli anch'io. Eccolo davanti a me. E io scoppio in lacrime davanti al figlio di "don Vito" chiedendogli di fare giustizia, come fosse un magistrato, un vero simbolo operativo dell'antimafia... E andiamo avanti così per qualche minuto. Parlando come se fossimo sullo stesso piano. Ascoltando le sue parole contro i potenti, pure contro De Gennaro. "Ho il nome del signor Franco, non me lo fanno fare". Io stordita. "Parlerò, anche se mi ammazzeranno". E io a ringraziarlo, gli occhi su Manù: "Lo faccia per questo ragazzo che cresce senza il padre". Io commossa a sentirlo: "Custodirò questo suo biglietto per il prossimo libro". E io a credere, fra le lacrime, a un impostore che teneva in casa i candelotti di dinamite...».
Non sa cosa dire su De Gennaro ed è turbata Rosaria dalle contestate rivelazioni sull'allora ministro dell'interno Mancino: «Non sono più sicura di niente. Ma è assurdo che tanti magistrati fossero invece sicuri di Ciancimino. Ci servono eroi vivi in questo Paese. Ma eroi alla Ninni Cassarà. Inquirenti come lui che facevano indagini serie. Anche con gli infiltrati per scavare e scoprire. Non solo affidandosi a pentiti infidi, alle parole, a mafiosi pagati con stipendi certo superiori al mio. Ci pensino i magistrati che vanno ai convegni, in tv, a presentare libri. La mia diffidenza di sempre mi porta a pensare che tanti cercano un po' di visibilità per se stessi. Anche a costo di usare un personaggio dubbio e ambiguo. E ci sono caduta anch'io. Ma lo Stato non dovrebbe metterci in condizioni di diventare creduloni, con le cicatrici che ci portiamo addosso».