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la crisi economica della GRECIA

Ultimo Aggiornamento: 13/05/2011 09:25
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corruzione, clientelismo,non applicazione della meritocrazia,affaristi,politiche solo a sostegno delle banche..

per fortuna noi non siamo la GRECIA, diceva TREMONTI, con il suo linguaggio farfugliato e con la erre moscia

ma sentiamo cosa dice il premier greco G. PAPANDREoU
e vedremo cose molto simili con l'ITALIA e con il suo modo di fare



La Grecia insegna. Cambiamo l’Europa!
Pubblicato il 5 aprile 2011 da Diego Ciulli

di George Papandreou (discorso del 29 Marzo)

Grazie per essere qui e per la solidarietà che ci date in questa fase difficile. Voglio dire alcune cose, perchè il problema greco sta di ventando il problema di tutto gli stati periferici. Qualcuno parla di PIIGS. Ma questo credo colga il punto di alcuni dei principali problemi che abbiamo in quanto europei e, direi, riguardo a dove l’Europa voglia andare. Il bisogno di un’Europa che sia socialmente giusta, governata in maniera democratica e in grado di affrontare le molte sfide che abbiamo di fronte, che non sono solo finanziarie. Riguardano l’ambiente, la creazione di posti di lavoro, la competitività. E come movimento progressista, anche la nostra visione del mondo che sta cambiando così rapidamente, come in nord afriva.
Credo che il nostro ruolo non possa che essere quello di umanizzare e democratizzare la nostra economia e la nostra società, a livello globale europeo e nazionale. E lo dico perchè i conservatori stanno creando un gran numero di miti, e spesso usano la Grecia per alimentare questi miti. E allora voglio rispondere.
Uno di questi miti è che il mercato risolverà i problemi. E’ un mito che conosciamo bene. Sulla Grecia, e ora sul Portogallo, dicono che se facciamo quel che è giusto, quel che è necessario, tutto andrà per il verso giusto.
Il dato di fatto, è che la Grecia ha attuato grandi cambiamenti. Abbiamo dovuto prendere decisioni difficili a causa del debito che abbiamo trovato dal governo precedente. Le pensioni e gli stipendi sono stati ridotti. Ma siamo riusciti a raggiungere i tagli di bilancio previsti. Abbiamo fatto sacrifici enormi per evitare la bancarotta, intraprendendo programmi di aggiustamento fiscale aggressivi e riducendo così il deficit del 6%. Nessuno credeva che ce l’avremmo fatta.
Cambiare la Grecia non è, ovviamente, solo far fronte al debito. E’ aprire nuove opportunità, rompere i privilegi e raggiungere il nostro potenziale economico.
Abbiamo cambiando il nostro sistema fiscale, per renderlo più giusto ed efficiente. Abbiamo fatto una riforma del bilancio per tagliare gli sprechi e ridurre le spese. Abbiamo raggiunto la piena trasparenza: tutto è online, ogni singola spesa del governo in Grecia è su internet.Abbiamo decentralizzato il governo e cambiato il sistema di governo locale.Abbiamo aperto più di 100 professioni che fino ad oggi erano chiuse. Stiamo tagliando la burocrazia, per permettere investimenti rapidi. Abbiamo cambiato il sistema pensionistico per renderlo sostenibile. E abbiamo lanciato programmi per rendere efficienti oppure privatizzare le infrastrutture pubbliche, dalle strade ai porti e gli aeroporti.
Grazie ha questo, la Grecia sarà uno dei pochissimi paesi con un surplus di bilancio primario nel 2012. Questo è possibile perchè la Grecia non è un paese povero. E’ un paese che ha avuto un governo inadeguato. Ecco perchè la questione della governance democratica è così importante.
Sperpero di risorse, politiche clientelari anzichè meritocratiche, privilegi per pochi. Certamente anche carenza di trasparenza e corruzione. Queste sono le vere cause della crisi greca.
Ma nonostante tutto quello che abbiamo fatto, non vediamo risposte dal mercato.Ci sono molte ragioni, certo. C’è panico diffuso, una recessione che continua, misure di austerity che frenano. Sono elementi che certo non aiutano la crescita di mercato. E senza dubbio ci sono anche delle falle nell’architettura della nostra moneta comune: nessun Tesoro comune, nessun vero coordinamento delle politiche economiche. E l’elevata insicurezza nei mercati, la preoccupazione verso la crescita del debito, la scarsa trasparenza delle agenzie di rating. Tutto ciò danneggia la nostra economia e le nostre prospettive.
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13/05/2011 09:23
 
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Ecco perchè credo sia importante che l’Europa abbia preso una decisione di solidarietà. Dimostra che possiamo avere la forza di cambiare e di proteggere e far crescere le nostre economie.
Ma siamo troppo rassegnati all’idea che il mercato da solo risolverà tutto. In fin dei conti, l’Europa ha creato un meccanismo per intervenire sui mercati in solidarietà alla Grecia, per garantire il nostro futuro comune. Magari possiamo discutere se ha fatto abbastanza.
Il secondo mito è che la vera, profonda causa della crisi greca fosse l’eccesso di spesa dovuto al welfare. Lo dicevano i conservatori: il problema è il welfare, è lì che bisogna andare a colipire. Invece, debito e deficit erano in realtà conseguenze della cattiva amministrazione. Non sono certo le pensioni, la scuola o il sistema sanitario la causa dell crisi in europa. Credo anzi che se guardiamo a dove la crisi è cominciata, negli Stati Uniti, ci rendiamo conto che il problema sta proprio nei mercati finanziari, nella carenza di trasparenza e di controllo, nelle frodi delle agenzie di rating che davano AAA ai titoli tossici. Erano pratiche di vera corruzione, che non erano controllate e che hanno portato gli Stati Uniti e il mondo nell’abisso e che siamo roiusciti a fermare solo attraverso politiche di tipo keynesiano.
Lo dico perchè in molte analisi emerge un paragone tra questa crisi e la Grande Depressione. E una cosa che emerge da numerosi studi – primi fra tutti Stiglitz e Krugman – è che al centro di tutto c’è la questione della disuguaglianza.Da un lato perchè, a causa delle disuguaglianze, la capacità delle nostre società di mantenere un certo livello di vita si fonda sull’indebitamento. E abbiamo molti stati con elevatissimo debito privato
Ma c’è un problema politico più importante. Queste enorme dusuguaglianze economiche hanno creato una straordinaria disuguaglianza di potere. E la concentrazione di denaro e di potere porta corruzione. Vi voglio dare solo qualche dato. Rothkoff dice che ci sono circa 6000 persone che oggi controllano il mondo. Che il 10% della popolazionbe del mondo controlla l’85% delle risorse. E il 2% controlla il 50% della ricchezza. E mentre ci sono solo 60 stati che hanno un pil superiore a 50 miliardi, sono ben 166 le corporation che fatturano più di 50 miliardi.
Quello della disuguaglianza e della corruzione, è solo un problema etico? No, è sopratutto una questione di democrazia, di forza delle istituzioni di fronte al potere dell’economia. Giusto alcuni esempi. Sia la Norvegia che la Nigeria hanno il petrolio. Ma in un paese i proventi vanno allo stato, nell’altro vanno al ministro. Che significa? E’ un problema di istituzioni e di governance democratica, ed è una questione cruciale. Guardiamo a cosa succede nel mondo arabo. Ascoltiamo gli slogan nelle piazze. Urlano: “Restituiamo i soldi al popolo”.
E’ chiaro che in paesi che non hanno una solida tradizione democratica, le istituzioni sono deboli e più facilmente controllabili da forti interessi economici. Ma oggi, anche nei paesi sviluppati, abbiamo un problema analogo.Ve lo dico con le parole di Jeffrey Sachs sul Financial Times: oggi la differenza tra repubblicani e democratici negli Stati Uniti è che i repubblicani prendono i soldi dall’industria petrolifera, i democratici da quella di wall street. Non so cosa sia meglio, ma questo esempio mostra quali enormi poteri debbano fronteggiare le istituzioni democratiche.
E’ una questione di democrazia. I politici eletti perdno potere nell’economia globalizzata. Perciò è comprensibile che i nostri giovani dicano “Perchè voi politici non decidete?”. Ecco, è perchè non abbiamo il potere che le persone credono che abbiamo. La democrazia è minata.
Ci serve una rivoluzione democratica. Dobbiamo rafforzare le nostre istituzioni, e credo che questa sia la questione cruciale per l’Europa.
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Se mostriamo che, come Europa, siamo in grado di lavorare insieme, in modo democratico e seguendo i voleri del popolo, possiamo risolvere molti problemi.
l’economia funzionano così. L’economia globalizzata significa che i profitti si spostano verso le economie emergenti, dove senza dubbio ci sono più Questo mi pare ci porti a un altro problema. Si dice che i profiotti e ricchezza e migliori standard di vita.
Ma non sta andando esattamente così. In realtà, la ricchezza non si sta spostando verso i paesi in via di sviluppo, ma verso la “stratosfera”, verso i ricchi. Certo, qualcosa sta andando ai lavoratori indiani o cinesi, mentre è portato via ai lavoratori occidentali. Ma la maggior parte della ricchezza, in questo mondo globalizzato, va verso un’altra dimensione.Verso un altro mondo che ha ben poche regole, nessuna accountability, nessun confine e pochissime tasse. Non è una competizione tra Asia, Europa e Stati Uniti. E’, in fin dei conti, un confronto tra il popolo e una nuova classe che sta crescendo a livello globale. Stiamo assistendo ad una clamorosa concentrazione di potere, con ricchezza, media, armi, conoscenza nelle mani di pochissimi. La questione dell’evasione fiscale non è, ad esempio, solo un problema greco.
Qualcuno dice che ogni anno l’evasione fiscale in Europa raggiunge i 100 miliardi di euro. Ecco perchè noi abbiamo proposto uno strumento semplice: la tassa sulle transazioni finanziarie. E’ uno degli strumenti per costruire una governance economica globale. Giorni fa ho avuto uno scontro, al Consiglio Europeo, perchè alcuni membri dicevano che la FTT è aplicabile solo a livello globale. Cioè è impossibile da applicare, perchè non ci sarà mai una tassa globale. E allora ho detto, e devo ammettere che con me c’erano anche alcuni conservatori: “Cominciamo dall’Europa, cominciamo dall’Europa!” In questo modo abbiamo ottenuto di dare alla Commissione il mandato di formulare una proposta attuabile entro la fine dell’estate. Ma questo non significa che la battaglia è finita. Anzi, la battaglia è appena iniziata. E dobbiamo continuare l’iniziativa.
Infine, fatemi dire un paio di cose sulla competitività. Recentemente abbiamo definito il patto per l’Euro. Abbiamo fatto un grande lavoro, insieme al Parlamento, per far si che il Patto non fosse uno di quei vestiti pronti per ciascuna taglia e per ciascun paese. Ma ci sono diversi punti di vista rispetto a cosa significa competitività, come rispetto ai temi della convergenza, della crescita e della creazione di posti di lavoro. Sono punti importanti, sui quali i socialisti devono continuare a dare battaglia per cambiare il Patto. Come senza dubbio c’è la questione dell’inserimento dei parametri di rispetto del debito nella Costituzione.
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Noi abbiamo detto che ciascun paese dovrebbe decidere autonomamente come controllare meglio deficit e debito. Allo stesso modo, abbiam fatto una battaglia per far si che il patto per l’Euro fosse compatibile con il Trattato: metodo comunitario, rispetto della giurisdizione e del ruolo della Commissione e del Parlamento. Nonostante questo, è chiaro che qui si tocca un punto ideologico, e vediamo che siamo di fronte a un salto economico verso l’Asia e le economie emergenti. Il punto è: come possiamo competere con le economie emergenti? Penso che su questo ci siano chiaramente due differenti punti di vista. Da un lato ci sono i mercati emergenti, che hanno un vantaggio comparato grazie al bassissimo costo del lavoro, la carenza di diritti collettivi e talvolta anche democratici, l’assenza di norme ambientali. Sono vantaggi di corto respiro, ma sono vantaggi.Vogliamo adeguarci a questo modello? L’europa vuole adeguarsi a questo modello? Noi socialisti no. Noi vogliamo un modello differente. Un modello in cui la competitività si basi sulla qualità. C’è ad esempio un modello nordico, che certo subisce pressioni ma resta un modello che tiene insieme competitività, lotta alle disuguaglianze e coesione sociale. Ed è per questo che sembrano essere i paesi più felici del mondo. Perchè non copiamo quel modello, mentre seguiamo esempi molto conservatori e neoliberisti? Dobbiamo lanciare un’offensiva.Ovviamente dobbiamo sviluppare le nostte economie, e senza dubbio gli investimenti e la crescita sono importanti. Ma centrale è la crescita europea. Ciò che non possiamo fare a livello nazionale, possiamo farlo a lovello di Europa. Finanziando il progetto attraverso la FTT e gli Eurobond. Queste sono possibilità concrete. Gli Eurobond possono essere usati per grandi progetti, per la green economy, l’innovazione, la società della conoscenza. Servono infrastrutture per collegare davvero il mercato unico. I socialisti devono essere in prima linea su questo fronte.
La mia conclusione è che ci serve un nuovo modello di crescita, di governance, di cooperazione, anche in Europa. Senza questo nuovo modello, senza questa prospettiva di giustizia sociale ed uguaglianza, senza questa transizione verso la green economy e senza più democrazia e trasparenza, non andremo avanti. Dobbiamo lavorare insieme. La nostra forza è nell’unità. Certo, è più difficile quando hai da fronteggiare un’elite di 6000 nel mondo, di 500 o 1000 in Europa. Per loro è più facile, con i loro jet privati, incontrarsi parlare e decidere. Per noi è difficile organizzare la società al di là dei confini. Ecco perchè serve l’Europa. La questione del cambiamento climatico, la crisi finanziaria, la disuguaglianza, la democrazia sono questioi comuni. Dobbiamo di nuovo riunire le forze al di là dei confini e delle divisioni etniche, su cui la destra gioca. Dobbiamo mostrare che l’Europa è davvero un’Unione. POssiamo vincere tutte queste sfide. Siamo forti, se siamo uniti e con l’Unione Europea riusciamo a dare una prospettiva ai nostri popoli. Possiamo fare la differenza. Sarà una dura battaglia. Siamo al governo in poche realtà, ma cambieremo l’Europa!
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