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«La pazzia», diceva la Frame attraverso le parole di uno dei suoi personaggi, Vera Glace, «è il solo giorno di apertura al pubblico della fabbrica della mente. Possiamo camminarci dentro e attraversare, curiosare e ficcare le dita dappertutto, fare domande e restare incatenati di fronte agli innumerevoli ordini di estraneità che una volta intrecciati e trattati, impacchettati e distribuiti, non serbano alcuna somiglianza con i materiali originali, benché li contengano e siano parte di essi». E la salvezza giacerà nella parola ritrovata, l'unica dimora possibile sarà l'alfabeto. Vivere dentro le parole significa ammettere il carattere di reificazione del linguaggio stesso e cercare quella lingua originaria che si dà oltre il tempo e lo spazio; che non conosce le barriere delle convenzioni e riconosce e dichiara legittima la condizione di non-normalità.