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La parola "creatività" è una parola larga, perché noi possiamo parlare di creatività sia per processi minimi, che però sono inventivi - per esempio la creatività infantile -, sia possiamo parlare di creatività per la creatività artistica, per le grandi opere che rappresentano l'umanità, dove si esprime il genio creativo dell'autore. La parola "creatività" copre quindi un'area di fenomeni vastissima. Questo è un primo inconveniente di questa parola. Per quello che riguarda il rapporto tra questo momento e la follia vera e propria, anche qui se ne sono dette di tutti i colori, perché, in effetti, esiste una follia creativa, diciamo così, e invece una follia che, come ha detto Foucault, corrisponde a un silenzio dell'opera. Cioè, quando certe forme di follia devastanti alterano la mente dell'artista, non abbiamo più la produzione artistica, ma il silenzio, l'impossibilità espressiva, la caduta dei poteri costruttivi. Questo è stato il caso di Nietzsche, la cui follia, dopo una breve fase di produzione confusa, disarticolata e che suscita tante ipotesi da parte degli interpreti dell'opera di Nietzsche, a un certo punto cade in un silenzio assoluto, interrotto solo nel corso degli anni qua e là. Ecco, questo è un caso dove la follia è devastante. Ci sono invece casi dove sembra che la follia sia connessa alla creatività. In che forma però è tutto da vedersi. Per esempio, penso che un artista come Van Gogh fosse un artista fortemente scisso. Da un lato c'era il momento disgregativo, depressivo, autodistruttivo e, dall'altro, una forte contrapposizione di un mondo che veniva continuamente ricreato, di straordinaria bellezza. Quindi qui c'è contrapposizione fra questi due momenti. L'arte, entro certi limiti, aiuta il soggetto a salvarsi dalla distruttività, dall'autodistruttività e da movimenti di disagio gravissimi con se se stesso e col mondo.


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