Quindi sì, discendiamo dalle scimmie, ma speriamo che ciò non le offenda.
Il pensiero che ci fa considerare offensivo il fatto di avere un antenato in comune con le scimmie è totalmente limitato, causato forse da una grave mancanza di relativismo. Il relativismo viene spesso visto dalla nostra società come una cosa nociva, malvagia, crudele, capace di giustificare le peggiori aberrazioni. In realtà questo è quello che si vuole far credere: lo si scredita perché esso è un avversario ostico, dal punto di vista della ragionevolezza delle sue argomentazioni. E’ stata esattamente una tremenda carenza di relativismo che ha portato il mondo occidentale alle crociate: due agguerriti schieramenti che si affrontavano in sanguinose battaglie allo stesso grido: «Dio è con noi!». Del sano relativismo non lo avrebbe permesso: sarebbe stato infatti lo strumento per cogliere il lato grottesco della situazione.
Allo stesso modo il relativista non si sentirebbe offeso dall’essere accomunato ad una scimmia (con buona pace di Renato Martino, scimpanzé e uomo hanno in comune il 99% del DNA, e uomo e topo ne condividono i 4/5), bensì coglierebbe il fatto che, se l’evoluzione ci ha portato fin qui, non si vede perché dovremmo considerarla ferma! A partire da questa considerazione si può presupporre che in un tempo uguale a quello che abbiamo impiegato per evolverci da ominidi a homo sapiens sapiens (quindi 5 o 6 milioni di anni), la nostra specie si sarà ulteriormente evoluta in qualcosa di più raffinato e capace, magari del tutto differente dalla razza umana come la conosciamo oggi.
Questo processo può avvenire a condizione (per niente garantita) che riusciremo a condividere il pianeta in cui viviamo per un tale periodo senza spazzarci via con una guerra nucleare e senza avvelenare a morte noi e il nostro ecosistema.
Visti i risultati (alcuni eccellenti, sì, ma altri decisamente vergognosi) che abbiamo raggiunto in questi milioni di anni, invece di preoccuparci di quanto schifo ci possono fare le scimmie, sarebbe il caso iniziare a pensare per tempo a quanto schifo potremo fare ai nostri lontanissimi discendenti, quando, tra milioni di anni, anche loro si guarderanno indietro per analizzare la loro cronistoria evolutiva e ripenseranno a quante ne abbiamo combinate, pur ritenendoci homo sapiens invece che homo insipiens.
Daniele Raimondi
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